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Gran finale all’Abbado con Boltro «Così unisco l’orchestra e il jazz»

Intervista su La Nuova Ferrara

di Samuele Govoni

l'articolo completo è su La Nuova Ferrara


Ferrara Terzo e ultimo appuntamento con “La musica dona emozioni”, rassegna organizzata al Teatro Abbado di Ferrara (corso Martiri della Libertà, 5) a favore della Fondazione Ado. Accanto all’orchestra Cherubini di Ravenna, sempre presente sul palco, si sono alternati solisti come Giovanni Sollima e Simone Zanchini; ora tocca a Flavio Boltro. Quest’ultimo si esibirà giovedì alle 20.30. Per l’occasione i brani sono stati arrangiati da Andrea Ravizza, compositore e direttore d’orchestra. È lui che, in attesa dell’evento, racconta com’è nato il concerto.



Quartetto jazz e orchestra, che concerto sarà?

«Mettere a confronto le anime dell’orchestra e del jazz è una mia grande passione. La sonorità che ne scaturisce è calda, variopinta, cangiante, in una continua esplosione di colori diversi. L’energia e l’esuberanza di Flavio Boltro e del trio jazz (Fabio Giachino, Stefano Zenni ed Enzo Zirilli) verranno accompagnate e avvolte dall’alone di luce che l’orchestra sa creare».


Quale sarà il repertorio?

«Ci saranno rivisitazioni in chiave jazzistica di pagine immortali della musica classica, ad esempio “O mio Babbino caro”, celebre aria dall’Opera Gianni Schicchi di Giacomo Puccini, canzoni italiane come “E la chiamano estate”, di Bruno martino e composizioni originali di Flavio Boltro. Non ultima, una prima assoluta: “Smooth”, brano composto da me per l’occasione».


Cosa significa occuparsi degli arrangiamenti?

«Ogni genere musicale ha proprie tradizioni e regole, come tanti dialetti della stessa lingua: la musica. Ho cercato di integrare tutti gli elementi e gli strumenti, trovando i punti in comune e rispettando le inclinazioni di ciascuno. Ho poi distribuito i temi musicali in modo omogeneo, lasciando però molto spazio all’improvvisazione dei solisti».


Come descriverebbe il concerto in programma?

«Una magnifica occasione per unire mondi musicali eterogenei e per poter ascoltare Flavio Boltro accompagnato da sonorità diverse da quelle convenzionali del duo o del piccolo gruppo. È un’esperienza a più livelli: la personalità dirompente di Flavio si staglia sulla solidità della sezione ritmica ed è sostenuta dagli ottoni, sempre sfumati e vari».


Lei e Boltro vi conoscete da molto tempo?

«Lo conobbi nel 2017 arrangiando e dirigendo un concerto, organizzato dal Moncalieri Jazz Festival, con l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai; Flavio era il solista. Come spesso succede in questi casi, sulla carta funzionava tutto, ma non c’è certezza finché non si sale sul palco. È stato feeling immediato, tutto si è incastrato magicamente».


Come nasce la sua passione per la musica e cosa rappresenta per lei oggi?

«Amo la musica fin da piccolo, quando i miei genitori mi fecero ascoltare i primi dischi. Dopo le esperienze come pianista e arrangiatore, la scoperta dell’orchestra e il diploma in Composizione al conservatorio, ho fatto una scelta, insieme alla mia compagna, Carola Cora, cantante e Vocal Coach. Abbiamo fatto della musica la nostra vita e il nostro mondo, non potremmo vivere senza».

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